Giornale Roma - Malattia renale, -33 milioni di costi con terapia nutrizionale

Malattia renale, -33 milioni di costi con terapia nutrizionale

Malattia renale, -33 milioni di costi con terapia nutrizionale

Indagine, 80% pazienti non è informato dei vantaggi

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L'adozione di una dieta più restrittiva in termini proteici da parte di un ulteriore 40% dei pazienti con malattia renale cronica potrebbe far risparmiare al servizio sanitario 33 milioni di euro in due anni e avere effetti benefici sulla salute dei pazienti. Tuttavia, l'80% dei malati non è mai stato informato delle potenzialità della terapia nutrizionale conservativa. È quanto emerge da un'indagine condotta dall'Associazione Nazionale Emodializzati Dialisi e Trapianto (Aned) pubblicata sul Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi. Ciascuno dei 50 mila pazienti italiani in dialisi costa al Sistema Sanitario Nazionale 50 mila euro all'anno, per un totale di 2,5 miliardi di euro l'anno. A un costo irrisorio (circa 1.200 euro l'anno), "un protocollo nutrizionale a basso contenuto proteico con supplementi a base di chetoanaloghi", potrebbe "ritardare significativamente la progressione della malattia renale cronica e posticipare l'ingresso in dialisi anche di diversi anni", spiega in una nota l'associazione. "Con una spesa 40 volte inferiore si potrebbe non solo migliorare drasticamente la qualità di vita di migliaia di pazienti, ma anche generare risparmi milionari per le casse pubbliche", dichiara Antonio Santoro, direttore del Comitato Scientifico Aned. "Ogni anno di dialisi evitato significa libertà, viaggi, lavoro, famiglia. Significa dignità". L'indagine, condotta su 180 pazienti, ha rilevato che il 73% dei partecipanti si erano visti proporre una terapia nutrizionale. Tra questi, nel 50% dei casi è stata consigliata una dieta ipoproteica con alimenti specifici e solo nel 6% dei casi è consigliata una dieta fortemente ipoproteica con alimenti tipo chetoanaloghi, mentre nel 5,3% dei casi è stato solo consigliato un ridotto apporto di sale. Tuttavia, il 29,3% dei pazienti risponde di non sapere cosa gli è stato consigliato: da ciò "si desume che il paziente non sia stato sufficientemente coinvolto su questo argomento", conclude Aned.

G.Fontana--GdR